domenica 11 maggio 2014

Per questo giurai che avrei fatto il dottore || e non per un Dio ma nemmeno per gioco



Nel salotto profumato di casa Hoggard, si assiste al periodico scontro pomeridiano a cui tutti i domestici sono ormai abituati. Domestici, non schiavi, perché nella magione nessuno porta il collare e nessuno chiama il proprietario "padrone". La più anziana dello sparuto gruppo di camerieri, Miss Gevrette, ha imparato a servire il the alle sei e non alle cinque, per non finire vittima del fuoco incrociato fatto di parole aspre, disappunto e rabbia libera.
Miss Gevrette non capisce perché Mister Hoggard abbia preso con sé un ragazzetto dei campi, un giovane ancora maleodorante di sudore e sangue e crudeltà, uno di quelli con l'odio nello sguardo e i modi silenziosi e ostili. L'ha portato qui come un animale e nessuno riusciva a capire quanti anni avesse, da dove venisse o perché fosse in quel luogo. 
Ci è voluto qualche istante e nulla più per comprendere che neanche lui sapeva queste cose.
Miss Gevrette non capisce molte cose del signore per cui lavora, ma accetta e basta: accetta la sua volontà di non prendere più domestici, accetta di non poter vincere sempre la sua battaglia contro il disordine e la polvere, accetta i soldi che lui le dà come stipendio ogni mese, come a tutti gli altri domestici. Mister Hoggard non sa che alcuni dei suoi colleghi più giovani si rifiutano di toccare quel denaro, sporco, offensivo, ma lei mette da parte e distribuisce ai più accomodanti, o risparmia per qualche pasto più abbondante. 
Ha accettato anche quel ragazzino, sebbene abbia dovuto farlo tenere fermo dai due domestici più robusti per togliergli il collare, per medicargli le ferite, per convincerlo a mangiare. La pazienza di Miss Gevrette è grande, ma più parlava con questo giovane e più aveva l'impressione di stare sprecando il suo tempo con una bestia ottusa.  Quando Mister Hoggard lo ha lasciato libero di vagare per la magione, senza assegnargli alcun lavoro, neanche allora la povera cameriera ha protestato, ma ha badato bene a tenergli lontani i domestici più giovani, a memorizzare i suoi percorsi, a capire gli orari da evitare.
Non ci riesce mai del tutto, povera Miss Gevrette, perché dopo tanti anni, nonostante accetti tutto questo, la preoccupazione la porta ancora ad accostarsi alla porta chiusa del salotto, per ascoltare. Per cercare di capire.
Il litigio è già esploso e le parole aspre si infrangono contro il legno solido dietro cui la donna ha trovato riparo.

"...a cosa SERVE?"
la voce del ragazzino è rabbiosa, ma stranamente giovane, quasi morbida: la prima volta che la cameriera l'ha sentito parlare non riusciva ad abbinare quel tono basso a quell'aspetto ostile.
"Serve al tuo futuro. Serve a diventare una persona migliore."
Disappunto. E' un'emozione che una vecchia domestica sa riconoscere molto bene e che sospetta sia chiara anche a quella piccola bestia.
"COSA NE SAI, TU, DEL MIO FUTURO? COSA NE SAI DI QUALSIASI COSA!!!"
" Ne so molto più di te. E abbassa la voce, urlare è contrario all'Etichetta."
"NON ME NE FREGA UN CAZZO DELL'ETICHETTA!"

A Miss Gevrette per poco non prende un colpo, alle sue coronarie già indebolite dall'età e da una mentalità troppo conservatrice per tollerare un tale vocabolario. La sua mano corre alla maniglia, ma lì esita, mentre lo scontro prosegue. La voce di Mister Hoggard si fa carica di sdegno, tanto da far sperare alla donna in una condanna definitiva, ma non c'è nulla di tutto questo nelle sue parole, solo l'ostinazione di un ideale che lei non comprende.

"Dovrebbe importartene, invece. Il Core si basa sull'Etichetta."
C'è un silenzio pesante, in cui a Miss Gevrette pare di sentire il respiro affannoso del ragazzino. O forse è il suo.
"Io odio il Core. E odio i suoi abitanti. Odio le loro maniere, odio..."
Mister Hoggard lo interrompe in qualche modo: la vecchia sente solo uno sbuffo contenuto, ma riesce quasi a vederlo agitare una mano, in maniera seccata.
"E cosa risolvi, odiandoli? Cosa risolvi, stando qui ad urlarmi contro? Ti sembra forse che la tua situazione sia cambiata, dall'inizio di questa conversazione?"
Silenzio.
"Ovviamente no. Odi il Core? Cambialo. Cambia la società, cambia il mondo attorno a te."
Si sente un rumore di sedia che viene scostata, un suono attutito dai tappeti che ricoprono il pavimento del salotto, un suono che fa quasi scostare Miss Gevrette dalla porta. Ma non è verso di lei che Mister Hoggard si è diretto, non è verso l'uscita e la fuga da quel ragazzino rabbioso. Mister Hoggard, dopotutto, non fugge mai.
"La società ha bisogno di persone come te, Yahn."
La vecchia domestica non può vedere la mano del suo datore di lavoro che cerca la spalla del ragazzino, ma sente il suo tono morbido, sente la speranza, in quelle poche parole. Per la prima volta in vent'anni di servizio, la donna sente che le difese di Mister Hoggard si sono deliberatamente abbassate e trattiene il fiato.
"Che si fotta la società. Che muoiano tutti."


Nessun commento:

Posta un commento